De Luca canta e scappa. Lascia solo detriti (quando il popolo sbaglia).
di Carlo Giulio Grimbè | 20 Settembre 2021La vertenza Messina la dovrebbero fare i messinesi, non lui. Contro di lui, il sindaco De Luca. Di più, contro se stessi: coerente con le mille e mille voci che girano in città. Cori di “ho sbagliato a votarlo” al bar, al mercato, dal fruttivendolo, nella piazza del villaggio; ma anche in tribunale, all’Università, al Comune; e pure in qualche salottino progressista o berlusconiano, che in odio a Bramanti e ai nemici più nemici – quelli interni al proprio partito – votarono Cateno. Ora, a occhi bassi e mezza bocca, a Messina il popolo variegato e il ceto politico che lo accompagnò nell’abbaglio, sputano delusione e scontentezze. Il risultato di tre anni di governo è disastroso. Sporcizia ovunque, degrado, strade dissestate, villaggi abbandonati, zero iniziative per commercio e turismo, sottozero cultura. Proteste delle categorie. Peggio di prima. E di prima prima. Non c’è neppure il tram con le ali. Nessun asino vola più.
De Luca canta sulle sue macerie. E tenta la fuga. Molla la città (vedremo). E la lascia in un mare di guai e di promesse non mantenute. I fan sfegatati, a partire dai non disinteressati, tacciono. Hanno abbassato da mesi le penne, ammutolito i peana pre-registrati. È il destino dei “fenomeni” di umana fattura. Prima o poi prendono a pugni la Realtà e si fanno male. Resta la fuga. Darsela a gambe dai problemi: hanno dura cervice e non si autorisolvono. Non vogliono. Maledetti, cercano sempre uno che li affronti. Questo è il senso reale dello scappare del Sindaco. Chiese i voti per farlo. Chiede ora i voti per non farlo. Adesso la meta, immaginaria, è Palermo. É fuori portata, lo sa bene. Ma serve additarla: arma di distruzione e distrazione di massa. Che si candidi o no, De Luca lascia montagnole di detriti, materiali e immateriali. Anche di decenza politica. Qualcuno dovrà rimuoverli. Aspettiamo. Per ora sono tutti del popolo. In nome del popolo. Che è ancora in coma. Si sta svegliando, dicono.
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