Centrodestra. Il tavolo della roulette e quello della ragione (che ancora non c’è).
di Carmelo Briguglio | 10 Marzo 2022Lo avete presente il Tavolo? Il più famoso del mondo, almeno fino a qualche giorno fa? Quello, realizzato da un’azienda italiana, che ha misurato la distanza tra Putin e l’Occidente (Macron, Scholz; Draghi non ce l’ha fatta ad accomodarsi) nei giorni precedenti l’invasione dell’Ucraina. Un protagonista assoluto – il pezzo di legno – che ha oscurato i seduti illustri.
Beh, avrete capito che comandano i tavoli: loro decidono che si decida o no. Senza di essi, nulla é possibile. Atterrando al nostro più basso discettare, un tavolo di discussione e di ricomposizione é ciò che manca nel centrodestra. Manca il luogo di confronto, perché si è persa la tavola dei valori e degli interessi condivisi, volendo limitare la questione alla Sicilia: il forum nazionale del centrodestra, giocoforza (leggasi elezioni politiche ormai vicine) si ricostruirà, come sempre. Nell’Isola fioriscono, invece, tavole imbandite, tavoli verdi, tavolozze in cui questo e quello mettono i mille colori delle proprie eteree e personalissime ambizioni. Serve invece il tavolo lungo, dove tutti si possano sedere e dire la propria, da dove governare le cento anarchie degli imminenti test amministrativi locali. Su cui scrivere strategie, programmi, nomi. Insieme, tutti. Da Palermo, a Messina, alla Regione, per passare da città e Comuni dove corre la vita reale della società siciliana. Per battere il comune – appunto – avversario del fronte opposto, debole quanto si vuole – Pd e M5S – ma tutt’altro che sconfitto, prima ancora del fischio d’inizio. Il demone della divisione e dell’intelligenza col Nemico, va ricacciato nell’area del tanto peggio tanto meglio, del rancore individuale, del reciproco dispetto: nell’irrazionale politico, che è non politica. È esercizio di autolesionismo. Il quale può ancora sopraffare l’intelletto. Basta continuare ancora un po’ così, ciascuno per conto proprio, senza una regia. E senza uno spazio fisico e politico dove fare posto alle ragioni di tutti e alla Ragione. Alla Ragion politica. E a una non difficile vittoria che, al punto in cui siamo, è un dovere a portata di mano. Innanzitutto dei due capitavola, Nello Musumeci – il quale continua con pazienza a ricucire, parlando con tutti – e Gianfranco Miccichè. Il quale ultimo, avrà superato – si spera – la stagione di caratteriali piroette e spericolati capitomboli. Avrà abbandonato la “tavola della roulette e all’altra estremità della sala, dov’era il tavolo con ‘il trente et quarante’”.
Si sottragga al destino di quelli “che riuscivano a giungere al tavolo, di solito si tenevano stretti al loro posto e non lo cedevano fino a quando non avevano perduto”. Ah, grande Dostoevskij, impareggiabile nel descrivere i meandri psicologici del giocatore d’azzardo, qual egli stesso fu. Per fortuna qualche segnale di cambiamento c’è. Decisiva è stata l’entrata in campo di Giorgia Meloni. Ma é importante che il presidente dell’Ars faccia prevalere dentro la sua doppia natura, l’anima ragionevole su quella nichilista. Riesca, finalmente, a sentire il richiamo della responsabilità e autorevoli moral suasion, in primis quella energica di Renato Schifani. Della responsabilità verso il centrodestra, come universo umano, culturale, politico; e, ancor più, verso la Sicilia e i siciliani.
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