Granata: “Con Nello sempre grande stima: merita 7. La Sicilia sia la più grande capitale del viaggio culturale del Pianeta. Borsellino? Non solo memoria, ma capire perché. E vorrei…”
di Redazione | 18 Luglio 2021D. Fabio Granata, assessore alla Cultura a Siracusa dopo un cursus honorum importante, perché si è allontanato da Musumeci? Si dice in giro che ci sia un riavvicinamento, è vero?
R. Con Nello Musumeci esiste un rapporto antico e complesso, fatto di affinità elettive e culturali ma anche da differenze caratteriali e, oserei dire, antropologiche che però non hanno mai intaccato stima e affetto reciproci. Abbiamo sopratutto avuto una diversa visione sul rapporto da tenere nelle alleanze con le altre forze politiche: lui ha ritenuto di costruire la sua vittoria sulla mediazione con aree del cosiddetto centrodestra che hanno una idiosincrasia, ampiamente ricambiata, nei miei confronti. Idiosincrasie che a un certo punto si sono trasformata in un veto.
E io sono stato consequenziale perché non sono uomo da sottostare a veti.
Nonostante a pochi altri abbia avuto un ruolo nel costruire la sua Presidenza, ho preferito seguire una “mia via” senza polemiche o recriminazioni rancorose.
Sono assessore alla Cultura, Legalità, Unesco e Università della mia importante Città, e questo mi gratifica e mi consente di seguire ciò che amo. Umanamente, al di là di una prima fase, non ci siamo mai allontanati. Politicamente si vedrà.
D. Che giudizio dà dell’attuale governo regionale?
R. Positivo, con qualche dissenso (Ponte sullo Stretto e poco altro), per ciò che più direttamente riguarda la Presidenza. Resto perplesso su alcune scelte del Governo, ad esempio in materia di tutela paesaggistica e di alcuni aspetti delle politiche culturali. Semplifico: darei 7 al Presidente e una media del 5 alla Giunta. Marco Falcone molto bravo.
Manlio Messina e Ruggero Razza non hanno certo sfigurato.
Alberto Samonà si è dovuto confrontare con eredità difficili come quelle del compianto Sebastiano Tusa e, consentitemi, del sottoscritto.
Spero che acquisisca maggiore indipendenza e autorevolezza nelle scelte strategiche rispetto al suo partito, sopratutto nel delicatissimo compito di tutela.
D. Ci dica tre cose che secondo lei Musumeci non ha fatto o non ha fatto ancora e dovrebbe fare.
R. Presto detto: 1) collegare tutti i capoluoghi di provincia tra di loro con treni veloci e diretti. Si può fare domani; 2) definire un piano regionale della energia che preveda dove e come debbano e possono essere realizzati gli impianti fotovoltaici ed eolici, senza ulteriori devastazioni del paesaggio e della agricoltura e che parallelamente trasformi le raffinerie in impianti green, andando oltre il fossile e iniziando una ciclopica azione di bonifica delle devastazioni ambientali applicando il principio europeo “chi inquina paga”; 3) su cultura, archeologia, agricoltura e innovazione costruire la più grande Capitale del Viaggio culturale del Pianeta.
Impresa difficile, ma alla nostra portata.
D. I “fans” dicono che il governatore ha messo la mafia alla porta. È vero?
R. Musumeci e io siamo gli unici due politici della destra ad aver vissuto per tanti anni sotto scorta e questo qualcosa significherà…Si guardi però dalla burocrazia e dalle lobby trasversali.
E tenga d’occhio ciò che avviene in ogni assessorato e sopratutto negli uffici di gabinetto.
D. Cosa chiede alla Regione per la sua città?
R. L’attenzione che merita come Capitale culturale di una Regione Capitale di Cultura
D. E Gianfranco Fini lo sente ancora?
R. Certo! Siamo rimasti grandi amici e ho molta stima per lui io, che tranne nell’ultima fase, sono sempre stato su altre posizioni e non ho mai avuto da lui i benefici che hanno avuto alcuni suoi “vecchi colonnelli”. Infatti ho guardato con disgusto a come lo hanno trattato, maramaldeggiando sulla nostra sconfitta.
Autentici maggiordomi, prima di Berlusconi e adesso alla ricerca di nuove protezioni per le loro interminabili (e inutili) carriere parlamentari…
D. Domani, 19 luglio, è l’anniversario della morte di Paolo Borsellino. Lei ha scritto molte pagine sulla figura del giudice è anche sulla sua fine: quali sentimenti le ispira ancora questo giorno “sacrale”, oltre l’inevitabile retorica che purtroppo ogni ricorrenza si tira dietro?
R. Una consapevolezza solida e irriducibile: non basta la retorica della “Memoria” se non come iniziale contributo alla conoscenza dei fatti e delle responsabilità precise e terribili sulla sua morte.
Responsabilità evidenti sia durante i 57 giorni che separano Capaci da Via D’Amelio, sia nel clamoroso depistaggio successivo al 19 luglio che doveva “portar” lontano dai veri esecutori e mandanti legati alla mafia imprenditoriale che “investiva” al Nord: quella dei Graviano, dei Cinà, dei Mangano e dei loro nuovi referenti politici.
Non serve ricordare senza capire perché Paolo Borsellino fu massacrato e in nome di quali interessi.
Salvatore Borsellino anni fa mi scrisse una dedica: «A Fabio, esponente di quella Destra alla quale apparteneva mio fratello Paolo e che purtroppo non esiste più».
Solo perseguendo fino in fondo verità e giustizia, si potrà rialzare la Bandiera di quella destra…
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