La liberazione di Brusca. Oltre il pugno nello stomaco, si ragioni. E si decida.
di Carlo Giulio Grimbè | 1 Giugno 2021Poche volte la bilancia che simboleggia la Giustizia ha rappresentato il tempo che stiamo vivendo. La liberazione anticipata di Giovanni Brusca su un piatto; e sull’altro la strage di Capaci, la fine di Falcone, il piccolo Di Matteo sciolto nell’acido, un centinaio e più di omicidi. Il pugno nello stomaco è forte. I dubbi sono tanti e pesanti. I pesi si equivalgono? Ne valeva la pena?
E ancora: la legislazione sul pentitismo ha dato frutti sufficienti nella lotta alla criminalità mafiosa? È tuttora valido il sacrificio del senso di giustizia che la pubblica opinione manifesta oggi con un moto di ribellione? L’indignazione serve a poco, se non ha uno sbocco razionale. Senza, acqueta animi e coscienze per un giorno. Poi, il flusso mediatico riprende il suo corso. E la corsa verso nuove notizie, verso nuove ondate di sdegno. Di uno o due giorni. Un rituale stucchevole. Bisogna, piuttosto, tesaurizzare il momento. Rifletterci su. E poi essere conseguenti. Se ritornano gli interrogativi sulla normativa in favore dei collaboratori di giustizia, se sono sorretti da argomentazioni forti, la si metta in discussione. Se è così, sia rivista, ora che l’emergenza ha avuto termine, che i capi di Cosa Nostra – quasi tutti, non proprio tutti – sono stati assicurati alla giustizia o sono morti; ora che la stagione stragista della mafia è alle nostre spalle. Ora che si è visto che in alcuni casi – emblematica la quasi trentennale latitanza di Matteo Messina Denaro – i “pentiti” non si pentono, non aiutano. Se non bastano a dissipare i dubbi neppure gli inviti alla calma di Maria Falcone; se non rassicura neanche il suo richiamare il fatto che è una legislazione che volle fortemente il fratello Giovanni, allora si passi ai fatti. La parola spetta al Parlamento. Lì, unica sede titolata, ci sia il confronto tra le forze politiche, non nell’arena mediatica che crea e distrugge le emozioni. Revisionisti e non, si contrappongano dinanzi ai cittadini; si scontrino. Ci mettano la faccia, si assumano le proprie responsabilità. Qualunque decisione il Parlamento vorrà prendere, l’unica strada seria è questa. Se da domani il problema sarà archiviato, perché non più di moda, saremo eternamente schiacciati – ad ogni liberazione anticipata, con seguito di alti lai – dai dubbi che proprio su Giovanni Brusca hanno espresso i giudici di Palermo. I quali hanno scritto che nelle sue dichiarazioni “si devono registrare aggiornamenti inediti, seguiti a una nuova inchiesta giudiziaria promossa nei suoi confronti, e svariate oscillazioni, concernenti indicazioni di notevole rilievo, che potrebbero essere state influenzate da improprie interferenze inquinanti, collegate a notizie di stampa relative a pregresse acquisizioni dibattimentali”. Anche in nome di questo si ragioni. Si discuta. E si decida.
Tag: Cosa nostra, Giovanni Brusca, Giuseppe Di Matteo, mafia, Maria Falcone, Parlamento